Nobile di Montepulciano Fattoria di Palazzo Vecchio annate 1997, 2000, 2001


Una base di pane, pecorino grasso di Sicilia, uvetta e turmenic, se passati alla piastra, diventano una cialda croccantissima. Che bella scoperta! E’ l’apoteosi del tapparò se è accompagnato da un Vino Nobile di Montepulciano 2001, esplicito al naso nelle sue note di curry, liquirizia, tabacco e frutta cotta. E’ stata la prima tappa di un viaggio verticale a ritroso nel tempo, con il Nobile di Fattoria Palazzo Vecchio: a seguire le riserve 2000 e 1997. Vino Nobile, monovarietale, a base sangiovese come molte Docg in Toscana e qui a Montepulciano nella varietà prugnolo gentile, la cui presenza è documentata fin dal IX secolo. E’ un vino di struttura, in gioventù con fragranza di frutto, acidità e tannini evidenti, che giovedì sera, nonostante il lungo riposo, ci hanno fatto strofinare la lingua sul palato ad ogni sorsata e così una bella porchetta fumante si è fatta desiderare (certo, è rimasta tale ma so che Don Pietro vuole dotarsi di uno spiedo a legna, così dice – ad evocarla il tapparò portante, con songino, maionese e pancetta arrotolata cotta). Vini consistenti, fino alla densità liquorosa del ’97, con una ricca polpa, anche nella base 2001, resa sempre leggera dall’acidità. La Riserva 2000 è parsa la più equilibrata nella composizione del quadro olfattivo e gusto-olfattivo (non l’esuberanza speziata dei due fratelli, forse troppo evoluti in questa direzione – il curry del ’01 diventa nel ’97 un che di balsamico, anice stellato), con una sobrietà ed eleganza espressiva che l’acidità preserverà nel tempo. Sono vini ruvidi questi, come la voce di Tom Waits (le note di tabacco e cuoio, i tannini ancora da fare), affilate e nervose le due annate più giovani, animale e medicinale il ’97. Solo per lui il terzo e ultimo tapparò: infuso rosso di foglie di tabacco, riduzione all’aceto balsamico e scaglie di cioccolato (questa è decadenza, quasi depravazione). Appuntamento alla prossima.
Padre Ponz

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